Adler e la psicologia individuale nella scuola

Oggi mi occuperò di un medico e psicoterapeuta austriaco che lasciò un grande segno anche da un punto di vista pedagogico, perché, studiando la psiche del bambino, fornì diverse indicazioni su come aiutare a far crescere il bambino stesso in maniera sana e quindi a farlo diventare un adulto sano.

Parlo di Adler che fu il fondatore della psicologia individuale, teoria secondo la quale, se si accettano quelle che sono le norme condivise dalla collettività, allora questo diventa il presupposto ideale per crescere con una personalità sana.

Però la nostra psiche ha una tendenza dinamica e finalistica, questo vuol dire che praticamente noi fin dall’infanzia, secondo l’autore, lottiamo per raggiungere perfezione e superiorità; questa lotta domina tutte le nostre azioni perché noi stessi pensiamo ed agiamo proprio in funzione di questa vita, di questa superiorità e questa perfezione che ci siamo prefissati nella nostra mente.

Quindi sono i nostri punti di vista che ci inducono a scegliere un orientamento piuttosto che un altro e non i dati oggettivi, cioè i fatti che capitano.

Secondo Adler nella ricerca di questa perfezione, di questa superiorità ognuno di noi fin dall’infanzia commette una serie numerosa di errori che in qualche modo poi condizioneranno tutta la nostra vita futura.

In base a queste premesse Adler prende le distanze da quello che era stato inizialmente il suo mentore, cioè Freud, e quindi si distacca completamente dal suo stile psicoanalitico e soprattutto dall’idea che il bambino cresca con il superamento di una serie di fasi sequenziali l’una all’altra nello sviluppo psicosessuale.

Adler invece concepisce lo sviluppo come un processo organizzato intorno a un sentimento di inferiorità dell’io e ad un ideale di perfezione e compensativo.

Come nasce quindi questo senso di inferiorità? Per l’autore questo senso di inferiorità scaturisce proprio nel bambino dal fortissimo desiderio che ha di affermarsi nel reale e di realizzare i propri obiettivi esercitando potere sulle cose. Però poi scontrandosi con la realtà l’esperienza del limite ed il fallimento nel perseguire appunto i propri scopi, generano un senso di frustrazione e a questo senso di inferiorità, questa frustrazione il bambino cercherà in qualche modo di sopperire creando e costruendo un sé ideale; questo sé ideale sarà una sorta di compensazione tra quello che era il desiderio iniziale e la frustrazione di non aver raggiunto l’obiettivo e di conseguenza questa costruzione del sé ideale.

L’ideale dell’io secondo l’autore quindi si presenta fin dall’infanzia e poi crescendo può prendere due strade diverse, cioè da una parte può essere perseguito proprio come principio regolativo rispetto a quello che dicevo prima, ossia di una compensazione equilibrata e sana dei due aspetti di cui parlavamo oppure può entrare nel patologico avendo una compensazione di tipo nevrotico.

Secondo Adler il senso di inferiorità e l’aspirazione alla superiorità sono comunque due fasi dello stesso fenomeno esistenziale e quindi sono inseparabili tra di loro: il bambino più collocherà in alto la sua meta più sarà tormentosa la sua aspirazione a salire.

Quindi qual è il compito a questo punto dei genitori e degli educatori? Il compito di entrambi, secondo Adler, è proprio di indirizzare, di incanalare queste aspirazioni in sbocchi che siano positivi e utili per il bambino stesso.

A questo punto l’intervento educativo diventa veramente fondamentale per aiutare il bambino a crescere nel migliore dei modi e quindi anche a trovare quelle che sono le strategie migliori, anche sociali, per intervenire proprio in funzione di aiutare nella sua realizzazione il bambino stesso.

Secondo Adler il criterio diagnostico per valutare se un bambino sta crescendo in maniera positiva e normale o se invece potrebbe incorrere in quel discorso patologico che facevamo prima è proprio vederlo e valutarlo nella sua socialità; infatti Adler denomina proprio il sentimento sociale come “barometro della normalità”.

In questo senso quindi è utile osservare il bambino proprio quando comincerà ad andare a scuola, quando comincerà ad avere relazioni con persone con le quali non aveva avuto a che fare fino a quel momento e soprattutto vedere come si comporta con queste persone, cioè quanto effettivamente è stato preparato a reagire alla presenza di persone che per lui sono totalmente sconosciute.

Se la scuola è organizzata bene, dice Adler, si può andare in qualche modo a riparare a quelli che sono stati gli errori e le mancanze fatte prima di arrivare a scuola, cioè quindi fatte dalla famiglia. Il ruolo di questa scuola organizzata diventa il ruolo di mediatrice tra la famiglia e il mondo esterno e il luogo anche dove avviene il vero e proprio test per vedere se il bambino è poi in grado di cavarsela anche fuori.

Secondo Adler un elemento fondamentale di questo test è cercare di capire se il bambino ha cominciato ad andare male per esempio a scuola: quello è un grande indicatore che c’è qualcosa che non va e questo è il segnale di un primo fallimento psicologico e quindi di un bambino che perde fiducia in sé stesso e che evita quelle che sono le attività costruttive per lui, scegliendo invece delle vie facili per il successo.

Cosa bisogna fare per aiutare il bambino a crescere in maniera sana e eventualmente a superare queste mancanze della prima infanzia: la prima cosa è quella di lavorare molto sul rendere il bambino coraggioso, ad avere fiducia in sé stesso e a capire che gli insuccessi non devono buttare giù, demoralizzare, quindi portarti a evitare le cose, ma invece cercare di capire che sono dei problemi nuovi e che vanno comunque affrontati.

Un altro aspetto importante è che il bambino deve apprendere dall’esperienza, quindi fare molte esperienze e non essere limitato da costrizioni imposte dagli altri, ma solo dalla logica dei fatti; la scuola quindi avrà il compito di essere un vero e proprio ponte tra la famiglia e quello che ci sarà fuori, cioè il mondo che aspetta questi ragazzi. In pratica bisogna preparare i ragazzi al ruolo da adulti e questo è un compito che spetta proprio alla scuola.

Adler mette in evidenza quanto un’educazione sbagliata, un’educazione negativa possa influire su tutto quello che dicevamo prima, cioè sulla mente, sulla psiche del bambino che quindi patirà ancora questa senso di inferiorità, chiudendosi in un mondo tutto suo, in un mondo immaginario e diventando magari anche molto aggressivo.

Pensiero condiviso anche da Neil, come abbiamo già visto nel video a lui dedicato e nella sua scuola di Summerhill dove prese ad esempio tutto quello che aveva detto Adler, applicando uno stile educativo più morbido, uno stile educativo dove ognuno poteva scegliere le cose da fare e dove l’adulto doveva rispettare le scelte dei ragazzi senza imporre le sue volontà e senza punirlo. Adler però non si ferma soltanto ad una teoria, ma cerca di dare anche delle indicazioni molto pratiche di come si debba svolgere una lezione in classe e di come si debba svolgere l’attività formativa nella scuola. Le materie devono essere insegnate in maniera coerente, i bambini devono essere messi nella condizione di vedere quelle che sono le finalità pratiche di ogni materia e quindi non studiare soltanto una massa di nozioni fini a sé stesse, ma proprio avere una prova pratica di ciò che stanno studiando. Poi devono anche imparare a collegare le varie informazioni, le varie nozioni per avere più cognizione di causa e per imparare a coordinare le cose tra di loro.

Una classe a livello ideale per Adler deve essere concepita come una unità dove ogni bambino si percepisce come una parte di tutto questo insieme. Diventa fondamentale anche il rapporto tra genitore e insegnante: l’errore che non deve fare l’insegnante, secondo Adler, è quello di giudicare il genitore, quindi deve cercare di correggere sì gli errori fatti in famiglia, ma senza far sentire “colpevoli” i genitori di questi errori. E’ inutile quindi stare a giudicare, a segnalare gli errori del passato e anzi è anche dannoso, ma invece bisogna cercare di trovare un compromesso nel quale praticamente si aiuti il genitore a capire che è meglio che cambi sistema.

L’obiettivo fondamentale quindi diventa quello di creare dei percorsi educativi familiari e scolastici che possano permettere al bambino di realizzare in maniera armonica il proprio ideale di vita.

Come dicevamo prima, nel processo educativo per Adler diventa fondamentale promuovere il senso sociale dei bambini, incanalando la loro naturale aspirazione alla superiorità verso sbocchi che siano utili e positivi; diventa quindi necessario che la scuola non si preoccupi di forgiare alunni perfetti, alunni modello, ma che invece si concentri molto di più sul benessere psichico di ogni singolo soggetto e sulla sua capacità di adattamento sociale.

La scuola deve essere quindi in grado di riconoscere le motivazioni di tutti gli studenti, aiutarli a realizzarsi e aiutare a realizzare anche le persone che non mirano ad un successo scolastico.