Antropologia: i metodi di ricerca

Oggi ci occuperemo di antropologia culturale e, come abbiamo già visto per la sociologia, vedremo di delineare quelle che sono le metodologie che l’antropologo usa nel suo lavoro sul campo. Intanto l’antropologia fa parte delle quattro scienze umane e letteralmente vuol dire discorso scientifico sull’uomo, “antropos” uomo, “logos” discorso. In realtà quindi l’antropologia culturale studia proprio l’uomo in quanto elaboratore di cultura. Abbiamo già visto a scuola che le specializzazioni dell’antropologia sono tre e cioè l’etnografia, l’etnologia e l’antropologia.

L’etnografia è il lavoro sul campo che fa l’antropologo che come abbiamo visto prenderà il suo aereo o altro mezzo di spostamento per andare a studiare in loco, proprio sul campo, la popolazione che decide appunto di andare a studiare e le variabili che gli interessano perché abbiamo visto che all’interno della cultura che si vuole andare a studiare e può essere studiata una variabile o più variabili mentre l’etnologia è quella disciplina che sintetizza i risultati dell’etnografia, attraverso il metodo dell’analisi comparativa e quindi per esempio prende le ricerche etnografiche sullo sciamano e scrive un volume sulla religione sciamanica che mette un pochino a confronto tutte le religioni e le pratiche religiose di questo tipo e per proporne poi un’interpretazione.

Infine c’è l’antropologia che fa un ulteriore sintesi di tutto questo lavoro già fatto dalla etnografia e dalla etnologia e cerca quali sono le origini, il significato e come tutto ciò viene vissuto dall’uomo. 

I fondatori di questo metodo etnografico sono Boas e Malinowski.

Ma come avviene questo lavoro? intanto c’è uno studio capillare a casa di tutta la letteratura già preesistente sull’argomento che si vuole andare a studiare, quindi l’etnografo farà prima una fase di studio dove analizzerà tutto ciò che già esiste di quegli aspetti che gli interessano e una volta acquisito tutto ciò, prenderà finalmente il suo mezzo per arrivare a destinazione e trasferirsi letteralmente per un periodo fra la popolazione che vuole andare ad analizzare. In un primo momento quando l’antropologo arriverà sul luogo e comincerà la sua ricerca, detta proprio sul campo, la prima fase è quella dell’osservazione, nella quale praticamente attraverso i propri sensi l’antropologo stesso cercherà di carpire un po’ tutto quello che riesce a percepire del posto e delle persone che vuole studiare. Come strumento potrà utilizzare un diario di campo, dove si appunterà tutte le osservazioni che farà in questa prima fase esplorativa, in un secondo momento potrà cominciare a raccogliere delle informazioni, quindi le verbalizzazioni delle opinioni e delle affermazioni su quelli che sono i temi di suo interesse. Poi dovrà passare a fare delle vere e proprie interviste tematizzate sui suoi interessi per approfondire ulteriormente queste variabili. Quindi potrà passare una raccolta di oggetti di uso comune e registrare quindi le informazioni utili ai processi costruttivi e ai processi di uso di questi utensili (per esempio che possono essere utilizzati dalla popolazione in questione). Spesso l’antropologo potrebbe avere una difficoltà di comprensione, dato che magari non parla la lingua del posto dove va a fare le sue ricerche, di conseguenza potrà portarsi fin da casa dei questionari già pronti, scritti proprio nella lingua del paese che andrà a visitare, oppure potrà farsi accompagnare da un mediatore culturale. Il mediatore culturale non è proprio interprete, cioè non è quello che si limita a tradurre le conversazioni tra l’antropologo e le persone che vengono intervistate sul posto, ma è proprio una persona che magari è nata in quel posto, poi si è trasferita ad esempio nel paese dell’antropologo e quindi conosce bene sia la cultura di provenienza che la cultura dell’antropologo stesso, in modo tale che può non solo tradurre, ma anche far comprendere dei modi di dire che in una lingua potrebbero significare una cosa e nella lingua invece del posto dove ci si trova  potrebbe avere tutt’altro significato. Come dicevo uno strumento importante è quello del questionario preparato da casa che spesso è un questionario con delle risposte già predefinite e quindi può essere somministrato a molte persone, però diciamo che è limitato poi nel conoscere veramente quel tipo di cultura, ha semplicemente gli item o le domande che l’antropologo decide di preparare prima di partire; mentre un’intervista, soprattutto un’intervista a voce, un’intervista aperta, può raccogliere molti più particolari, perché lascia libero l’interlocutore di raccontare fatti di vita quotidiana, di raccontare per esempio come ci si muove, come si fa a scuola, come si cucina oppure i riti e i momenti di condivisione del posto che si va a visitare. Quindi gli strumenti sono entrambi importanti: il questionario è molto più facile da studiare in quanto le risposte sono sempre quelle e possono essere elaborate al computer, a differenza invece delle interviste orali che sicuramente richiederanno molto più tempo e quindi hanno questo piccolo deficit, ma, anche se fatte a meno persone per una questione di tempo, possono raccogliere molte più informazioni. Si possono poi utilizzare moltissimi altri strumenti, ad esempio dei registratori per registrare in presa diretta tutte le conversazioni e poi decidere di riportarle per iscritto in un secondo momento.  Si possono addirittura portare anche degli strumenti più tecnologici, come microfoni e telecamere, se si vuole fare dei veri e propri filmati, oltre che magari un reportage fotografico, che da un punto di vista antropologico, nel momento in cui poi nella fase dell’etnologia si scriverà un libro, può essere ancora più appetibile e molto più affascinante nel descrivere il posto che si è andati a studiare. 

Un’altra cosa molto importante, oltre a tutti gli strumenti che vi ho già elencato, è che l’antropologo stesso deve cercare di rimanere più esterno possibile alla situazione, questo perché ognuno ha ovviamente un retaggio culturale e dei propri pregiudizi; quindi il lavoro dell’antropologo deve essere un lavoro di immedesimazione quasi totale nell’ambiente in cui si andrà a trasferire  per i suoi studi, cercando di rimanere più asettico, più oggettivo possibile rispetto alla situazione che sta studiando e cercando di non fare interferire coi suoi pensieri, dovuti alla cultura di provenienza.

Una volta raccolto tutto il materiale sufficiente e quindi dopo diverso tempo che l’antropologo si è trasferito nel luogo della sua ricerca, tornerà a casa e deciderà di mettere tutto questo materiale nelle mani di un etnologo. Abbiamo detto che la seconda specializzazione dell’antropologia è proprio l’etnologia; spesso però la figura dell’antropologo fa un po’ tutto: è sia etnografo che etnologo, quindi o decide di mettere tutto il materiale raccolto nelle mani di un etnologo, oppure fa lui la famosa analisi comparativa, un’analisi che riguarda anche il confrontare il materiale raccolto con materiale già pubblicato su questo argomento. Poi ci sarà la fase di scrittura, ad esempio di un libro, ecc. poi vendere questo lavoro.

In un terzo momento subentrerà la figura dell’antropologo, quindi la terza specializzazione dell’antropologia, che può essere sempre nelle mani di una sola persona, che farà un’ulteriore sintesi di tutto il lavoro già fatto e cercherà quali sono le origini, qual è il significato e come viene vissuto dalle persone tutto ciò che è emerso all’interno della ricerca antropologica. 

Con questo ho concluso il mio discorso sui metodi di ricerca in antropologia, dando un quadro un pochino più completo di come si muovono il sociologo e l’antropologo all’interno delle loro ricerche.