Claparède e l’educazione funzionale

In questo nuovo video oggi tratterò l’argomento di Claparede, che è stato uno dei più grandi pedagogisti del novecento perché sviluppò su base scientifica tutto il suo pensiero pedagogico.

Claparede nasce nel 1873 a Ginevra e si laurea in medicina, ma sviluppa molto presto la sua passione per la pedagogia e per la psicologia sperimentale e quindi si specializza in neurologia. Muore nel 1940 nella sua città natale.

Inizia fin dai primi del’ 900 ad occuparsi di psicologia dello sviluppo e di pedagogia sperimentale convinto del fatto che lo studio dello sviluppo mentale sia fondamentale sia per la scuola che per il piano educativo.

Nel 1912 con la collaborazione di altri due grandi psicopedagogisti del tempo Bovet e Ferriere fonda l’istituto di scienze dell’educazione dedicato a Jacques  Rousseau proprio nella sua città; più tardi intorno a questo istituto si crea la cosiddetta scuola di Ginevra che vide passare moltissimi studiosi dell’epoca, che collaborarono proprio all’interno di questo istituto e tra i quali anche Piaget che era il fondatore della epistemologia genetica.

 

Le opere più importanti di Claparede furono tre: la prima è “Psicologia del fanciullo e pedagogia sperimentale” del 1909, la seconda “Scuola su misura” del 1920 e la terza “L’educazione funzionale” del 1931.

Claparede fu un grandissimo attivista come già ne abbiamo visti molti da Dewey in poi, ma fu anche uno dei padri del Funzionalismo europeo. Questo indirizzo del funzionalismo interpreta le manifestazioni della vita mentale un po’ come delle funzioni sviluppate e trasmesse ereditariamente nel processo di adattamento biologico dell’individuo all’ambiente e quindi in pratica quali sono quelle strategie che l’individuo deve mettere in atto per adattarsi nell’ambiente in cui viene a vivere. I funzionalisti non analizzano le varie funzioni mentali una ad una come possono essere appunto l’analisi della memoria, l’analisi della percezione eccetera, ma si concentrano sull’utilità delle diverse funzioni psichiche e come sono state selezionate nel corso dell’evoluzione dell’essere umano. In pratica quindi per Claparede i processi mentali non sono altro che quelle funzioni attraverso le quali l’organismo conosce e si adatta all’ambiente che lo circonda, quindi come era stato già per i suoi predecessori Dewey e Decroly, anche per Claparede la spiegazione dei processi psichici richiede individuazione dei bisogni fondamentali che scaturiscono quindi dall’interazione tra ambiente e individuo. Per promuovere un’educazione funzionale della quale lui si fa portavoce, quindi un’educazione come risposta ai bisogni di ogni singolo individuo, agli interessi di ogni singolo individuo, l’educatore, il maestro devono essere in grado di capire quali sono i bisogni e gli interessi di ogni singolo alunno. Pertanto lui è convinto che l’insegnante deve essere molto preparato, deve avere delle basi di conoscenza psicologica molto approfondite per intervenire in maniera sperimentale e scientifica all’interno della classe.

Claparede combatte con tutte le sue forze la scuola classica basata su nozioni filosofiche, su nozioni etiche, dando invece degli strumenti necessari ed idonei per compiere delle vere e proprie sperimentazioni agli insegnanti, che devono essere in grado quindi di improntare una didattica fondata sui fatti, sulle osservazioni dei fatti e sulla sperimentazione attiva, un po’ come era stato già per Dewey. L’insegnante quindi deve essere in grado di utilizzare dei metodi di ricerca, di indagine dei metodi di quantificazione e anche utilizzare dei test che possono aiutarlo in queste fasi di osservazioni di sperimentazione della classe.

Il principio alla base di questa scuola attiva è proprio la legge del bisogno o dell’interesse, quindi l’insegnante deve essere in grado di individuare quelli che sono gli interessi e i bisogni di ogni singolo allievo, perché l’attività umana è sempre suscitata da un bisogno; e partendo da questo bisogno poi si può costruire una vera e propria attività.

Ma come si può suscitare il bisogno nella scuola, cioè come può l’insegnante suscitare questo bisogno nei ragazzi? A questa domanda Claparede risponde che l’educatore deve essere in grado di suscitare un interesse che superi la repulsione dallo sforzo. Bisogna partire da quella che è la componente fondamentale di ogni bambino e cioè il gioco.   Claparede dice quindi che ogni bambino ha bisogno di giocare e il gioco a questo punto diventa proprio la mediazione ideale tra la vita dello scolaro e il programma scolastico: è l’elemento che potrà conciliare la scuola con la vita esterna e quindi con la vita che il bambino vivrà fuori dalla scuola. L’obiettivo diventa quello, attraverso il gioco, di creare proprio una vera e propria scuola di vita e anche dei comportamenti, delle attitudini sociali positive e di reciprocità tra gli altri.

Le tappe fondamentali di questo processo educativo all’interno della scuola attiva fondamentalmente sono tre.

La prima è proprio quello di risvegliare un bisogno, un desiderio nell’alunno e cioè quello di metterlo nella condizione ideale che susciti proprio questo bisogno.

La  seconda è lo sviluppo dell’azione quindi fare delle attività atte a soddisfare il bisogno del fanciullo.

La  terza è quella dell’apprendimento delle conoscenze, quindi una volta soddisfatti i bisogni degli alunni, attraverso l’azione stessa, portare l’alunno a imparare tutte quelle cose che si era proposto l’insegnante e che voleva insegnare loro. Attraverso questi strumenti e queste conoscenze di natura psicologica, secondo Claparede, l’insegnante deve diventare una persona capace di stimolare continuamente gli interessi di ogni singolo individuo. E questa stimolazione continua degli interessi e questa educazione funzionale di cui lui si fa portavoce non può, secondo Claparede, avvenire in una scuola qualsiasi, ma deve avvenire in una scuola fatta su misura e proprio con questo obiettivo. Tale scuola è in grado di rispondere alla doppia esigenza  che si trova alla base dell’individualizzazione. Da una parte c’è quella del rispetto delle diversità, che devono essere riconosciute e anche valorizzate, e dall’altra la necessità sociale di scoprire, di selezionare, di curare i talenti. Esclusa l’ipotesi di una scuola specifica per ogni bambino Claparede riprende delle idee già esistenti di scuola e dà delle possibili scelte per indirizzare questa scuola su misura: la prima è quella di utilizzare delle classi parallele, cioè classi formate da alunni con le medesime capacità e per ogni classe quindi avere dei programmi idonei per quelle capacità. La seconda è quella di avere tre classi mobili in modo tale che ogni alunno si possa spostare in base alle capacità che ha per ogni materia, cioè se in una materia eccelle andare con i più grandi e nelle altre materie seguire le lezioni con i suoi coetanei; un’altra è quella delle sezioni parallele, grazie alle quali ogni scuola può fornire molti più indirizzi di studio per tutti gli alunni e l’ultima è il sistema delle opzioni, che prevede un programma minimo comune per tutti, ma che poi va a seguire quelle che sono le attitudini, le propensioni e le scelte individuali, cioè l’alunno può scegliere quali materie e quali parti dei programmi approfondire rispetto ad altre. Quest’ultima soluzione è quella che piace di più a Claparede, che però insiste sul fatto che per quanto riguarda l’individualizzazione della scuola non si può fermare solo all’organizzazione della scuola, ma deve essere basata anche sul rinnovamento del metodo. Un metodo adeguato, secondo Claparede, deve seguire anche una successione cronologica degli interessi del bambino stesso: nel primo anno di vita per esempio gli interesse del bambino sono di natura percettiva e quindi vanno stimolati in questo senso; intorno ai 2/3 anni invece cambiano gli interessi e diventano linguistici e quindi bisogna concentrarsi su quest’altro tipo di interessi, poi dai 3/7 anni bisogna invece concentrarsi su interessi intellettuali generali, poi interessi speciali dai 7/12 anni e invece dai 12 anni in su fino ai 18 interessi più sociali ed etici.

Come Dewey, non solo è scuola attiva per Claparede, ma la scuola è vita e non la preparazione di una vita futura, quindi è nel qui ed ora, per cui i ragazzi devono attivarsi, devono sperimentare e devono fare vita proprio fin dai banchi di scuola, un po’ come ci diceva Dewey nel suo processo attivo e di sperimentazione attiva.

Secondo Claparede più che insegnare contenuti specifici l’attività didattica deve essere basata sullo stimolare attivamente gli alunni attraverso il gioco e nella scuola primaria questa educazione deve avviare anche al lavoro, in quanto il gioco e il lavoro sono due facce della stessa medaglia e sono un continuum, cioè una linea continua all’interno della nostra vita.

Un’altra cosa molto importante a cui tiene Claparede, data la sua pedagogia sperimentale e scientifica, sono i test e quindi, per quanto riguarda la valutazione degli alunni, è molto importante che l’educatore sappia utilizzare questi strumenti di controllo, per vedere anche quali sono tutte le evoluzioni che ha avuto l’alunno dall’inizio dell’anno fino alla fine; il test diventa quindi uno strumento di valutazione fondamentale, è uno strumento che deve sapere molto ben maneggiare l’insegnante e che deve sapere anche interpretare bene.