13 Lug Freinet e l’educazione popolare
Oggi tratteremo l’argomento di Freinet che fu un altro grandissimo pedagogista del novecento e che basa tutto il suo pensiero su un’educazione attiva sociale e cooperativa. Freinet nasce nel 1896 a Gars, un piccolo paese delle alpi marittime in Francia e muore nel 1966 ancora nel pieno della sua attività.
Nel 1915 interrompe i suoi studi per partecipare alla prima guerra mondiale dalla quale però ne esce gravemente ferito ad un polmone, ma malgrado questo e quindi malgrado il fatto che è stato fortemente invalidato da questa cosa divenne un maestro e cominciò la sua attività educativa in Provenza che portò avanti per molto tempo e cominciò anche a sperimentare il suo metodo innovativo e a portare avanti il dibattito sull’educazione, sugli stili educativi a cui molto teneva.
E’ considerato il più grande attivista francese, infatti trae ispirazione nel suo metodo nel suo pensiero dai più grandi attivisti del tempo come Dewey, la Montessori, Decroly, ma non ama considerarsi esponente di una corrente specifica; infatti lui si considera un maestro che poi è quello che faceva: lui faceva il maestro e andava un pochino contro questi pensatori del tempo che erano tutti psicologi esperti, pedagogisti, filosofi ecc. che a suo dire seminavano al vento il buon seme di un’educazione liberata ma poi lasciavano ai maestri, agli educatori, ai tecnici del mestiere il curarsi attivamente proprio di queste pratiche. E questi maestri, questi insegnanti e questi educatori spesso non avevano né gli strumenti né le conoscenze tecniche per poter mettere veramente in pratica quelle che erano le teorie e i pensieri di questi pensatori.
Invece lui ama proprio agire e agire praticamente da maestro e da educatore. Proprio nelle classi Freinet si occupa di educazione popolare e conferisce al tema una dimensione innovativa, legata sia ad un’ispirazione politica socialista che è una vera e propria riscoperta di quelli che sono i valori popolari e di quelle che sono le connotazioni creative dei valori popolari e che devono essere riscoperti ed utilizzati anche a scuola. Per designare l’apprendimento infantile Freinet utilizza il termine “tatonnement” che poi sarà un termine veramente molto famoso in pedagogia e che indica l’apprendimento come forma originaria di esplorazione generalizzata della realtà esterna.
Infatti secondo Freinet la mente di un bambino è come l’acqua che scorre libera in cerca di un canale nel quale immettersi ed è un po’ la metafora che indica come il bambino esplora il mondo a tentoni fino a quando non è indirizzato e finalizzato da qualcuno ad una meta specifica; quindi secondo Freinet è proprio la scuola che deve avere questo compito di orientare e incanalare le menti dei ragazzi nei settori giusti in modo tale che possano in qualche modo accrescere la propria esperienza.
L’autore con tutto se stesso sopprime il concetto di scuola vecchia in quanto dice che praticamente questa scuola frontale, dove gli alunni subivano lezioni e nozioni in maniera passiva, era generatrice di semi di morte perché generava nell’alunno disadattamento e afflosciava l’individuo stesso a fronte invece di una scuola attiva, una scuola capace di far ragionare i ragazzi, di farsi delle idee loro e di generare, creare uomini che non siano pecore, ma siano capaci di ragionare con le proprie teste.
Quindi in questa scuola attiva il punto di partenza erano i bisogni e le attività spontanee del ragazzo mentre il punto di arrivo erano le attività più strutturate e organizzate, per esempio attività di gruppo, che andavano a soddisfare gli interessi e bisogni dell’individuo senza però poi perdere la loro spontaneità e la loro creatività. Quindi tutto il lavoro a scuola si deve basare su questi valori, ma anche su un duplice sistema di riferimento.
Infatti da una parte per l’autore è fondamentale la centralità della dimensione sociale per ogni individuo,
quindi a scuola l’educatore deve educare alla socialità attraverso la socialità e in secondo luogo egli individua proprio nella cultura popolare i valori dai quali partire per educare alla socialità, allo scambio di idee eccetera e quindi partire da quelli che sono i valori della cultura di provenienza di ogni singolo alunno. Quindi propone un tipo di scuola che rispetti la spontaneità e promuova le attività, favorendo lavori di gruppo, la ricerca e la cooperazione tra tutti e che superi ogni forma di isolamento e di individualismo, rispettando quelle che sono le radici comunitarie di ciascuno. Infatti lui dice che pur mantenendo quelli che sono i propri retaggi personali, culturali e comunitari, il confronto con gli altri aiuta ad accrescere le nostre esperienze e quindi in qualche modo anche ad aumentare quello che è uno spirito più importante nella scuola che è quello del lavoro di gruppo e di socializzazione.
Infatti secondo lui la cooperazione che si viene a creare tra gli alunni, tra gli alunni e gli insegnanti, tra insegnanti e altri insegnanti, tra alunni di una scuola e di un’altra scuola e quindi di culture diverse, deve favorire un lavoro comune in vista di obiettivi più ampi e quindi da un’educazione popolare trasformarsi piano piano in un’educazione sociale. Tutti gli apprendimenti dei ragazzi ruoteranno intorno a dei veri e propri laboratori esperenziali quindi i laboratori dall’agricoltura, all’artigianato, al commercio ecc. dove i ragazzi impareranno attivamente e proattivamente a lavorare con gli altri.
Uno dei mezzi, degli strumenti che utilizzerà di più Freinet sarà proprio quello del giornale scolastico; i bambini infatti in questo sereno clima di scambio con gli altri, di compartecipazione al lavoro con gli insegnanti, saranno liberi di scrivere dei testi sia da un punto di vista formale che di contenuto, dove partiranno proprio dalle loro ricerche, dalle loro esperienze di vita, dalla cultura di provenienza e saranno appunto liberi di scrivere tutto ciò che vogliono e tutte queste esperienze, queste attività di gruppo che faranno li aiuteranno anche poi a diversificare gli argomenti all’interno dei loro scritti. Spesso poi questi testi vengono fusi in un testo comune e la valutazione dei testi stessi non spetterà all’insegnante, ma sarà una valutazione democratica fatta davanti a tutti e con la partecipazione di tutta la classe.
Una cosa a cui li tiene molto è la stamperia scolastica e quindi un vero e proprio funzionamento di un giornale all’interno di queste classi dove verranno raccolti questi testi questi scritti eccetera e poi pubblicati proprio a mo’ di giornale.
Il pregio che ha questo tipo di giornale è quello di essere una forma di cultura autoprodotta e non imposta dall’esterno e quindi in qualche modo un giornale che raccoglie le esperienze dirette, il lato esperienziale, il lato emozionale che i ragazzi vogliono raccontare in nessun modo condizionati né dall’insegnante né dagli altri alunni.
In questo clima molto bello di scambio di cooperazione tra i ragazzi e l’insegnante, questo non è più visto come una figura autoritaria, burocratica e piena di vincoli appunto burocratici, ma è visto proprio con un cooperatore, come un aiutante per in qualche modo far uscire quella che è la dimensione creativa dei ragazzi, incanalare le loro energie creative nei centri di interesse dai quali partire per organizzare la stesura dei testi, ma anche per sviluppare nuove attività.