Kant e il pensiero pedagogico

Oggi parleremo dell’aspetto pedagogico di Kant. Come tutti ben sapete Kant è stato un grande filosofo, ma è stato anche un grande pedagogista e quindi cercheremo di illustrare le tappe fondamentali del suo percorso da un punto di vista pedagogico.

Kant nasce nel 1724 a Königsberg nella Prussia orientale e, malgrado la sua condizione economica non sia proprio delle migliori, si avvia agli studi classici ed è essendo stato molto bravo poi  frequenta l’università della sua città con indirizzo filosofico newtoniano. 

Qui già nel 1754 iniziò una brillante carriera universitaria che lo lanciò e lo tenne legato alla sua città per l’arco interno della sua vita professionale. Kant, che ha   insegnato pedagogia tra il 1776 e il 1787, fonda le basi del suo pensiero pedagogico sugli studi di Locke e di Rousseau e le coniuga con la concezione della conoscenza e della morale del tempo che era di base illuministica e che tra la fine del settecento e l’inizio dell’ottocento prevaleva in tutta Europa.

Già nel suo programma universitario tra il 1765 e il 1766 Kant scriveva che non bisognava insegnare pensieri, ma insegnare a pensare, quindi in pratica non portare l’allievo, ma in qualche modo guidarlo e attraverso l’educazione aiutare a renderlo uomo. 

La pedagogia di Kant era divisa in diversi momenti: il primo di questi era l’introduzione ai problemi generali della pedagogia, poi c’era la rieducazione fisica naturale, che era dedicata all’educazione fisica, ma anche a quella intellettuale, infine c’era l’educazione pratica dedicata all’abilità, alla sagacia e alla moralità.

Per Kant l’educazione è considerata come un’esigenza primaria dell’uomo tant’è vero che l’uomo secondo lui è proprio il frutto di quella che è stata la sua educazione nel corso degli anni. Questo cammino verso la piena realizzazione dell’umanità procede di generazione in generazione e l’educazione comprende il semplice allenamento, la disciplina degli istinti, l’istruzione e la formazione pratica.

Kant parte dal presupposto che nella natura dell’uomo risiede un’animalità istintuale, quindi la disciplina ha il compito di impedire che gli istinti prendano il sopravvento nell’uomo. Invece l’istruzione ha un compito positivo in quanto aiuta il ragazzo a costruire i propri pensieri, aiuta a pensare e aiuta di conseguenza poi a raggiungere i propri scopi e i propri obiettivi nella vita.

Infine la formazione pratica ha un ruolo fondamentale per Kant, perché provvede allo sviluppo dell’accortezza e della moralità a cui lui tiene veramente molto. Quindi secondo Kant è necessario che accanto alla condizione naturale di anomia, cioè di assenza di leggi nel bambino, subentri l’eteronomia, che sarebbe la guida esterna dell’educatore; essa abituerà il giovane alla disciplina e lo aiuterà ad interiorizzare questa disciplina, che poi diventerà autonoma nel corso del tempo, fino a giungere proprio ad un’autonomia con la quale lui si autoregolerà, dandosi delle regole scaturite quindi proprio dalla libera volontà.

Non ci sono grandi differenze con Locke nel rapporto tra l’autorità e la libertà, diciamo che però lo studio del pensiero di Rousseau e dell’Emilio fa sì che anche Kant interiorizzi quest’idea della massima libertà per il bambino, con i soli limiti però del rispetto della propria salute e di quella altrui, con la consapevolezza che l’obbedienza imposta dall’esterno e quindi dal proprio educatore ha come fine ultimo la propria autonomia.

Kant analizza anche il rapporto che c’è tra educazione e società e quello che teme è che la società possa influenzare in qualche modo l’educazione dell’alunno. Questo perché da una parte la società potrebbe considerare i suoi sudditi come strumenti per i propri fini e per i propri scopi, dall’altra invece i genitori potrebbero pensare soltanto al successo dei propri figli e questo andrebbe contro un’educazione corretta del giovane. Quindi l’educazione, secondo Kant, dovrebbe essere messa soltanto nelle mani di grandi esperti, di grandi educatori che siano in grado di dar luogo a progressi educativi corretti. L’azione educativa per Kant deve provenire da persone che si sono congiunte e dai loro sforzi illuminati e competenti e che siano interessate non al bene del singolo, ma a quello dell’umanità intera.

Per un miglioramento futuro dello stato dell’umanità è importante, secondo Kant, in primis formare dei maestri che siano in grado di operare in maniera libera e creativa, ma col fine di migliorare la società nel corso del tempo. 

Per Kant la scuola pubblica detiene il compito principale dell’istruzione, quindi istruisce gli alunni, mentre per quanto riguarda invece la parte morale e la parte disciplinare sono compiti dell’educazione privata; spesso però l’educazione non è messa nelle mani di persone competenti, oppure molto più spesso è messa nelle mani di persone che a loro volta non sono state educate in maniera corretta.

Per questo nel pensiero di Kant una scuola ideale è una scuola che non assolve soltanto il compito istruttivo, ma riesce a dare anche disciplina e moralità. 

Poi un’altra questione molto importante è l’educazione naturale dell’uomo, che non riguarda soltanto la cura del proprio corpo, ma anche quella dell’anima. Questa forma di educazione è molto importante per Kant perché aiuta a formare sia le facoltà intellettuali che la ragione e può avvenire in due modi: o attraverso il gioco o attraverso il lavoro. In forma libera avviene attraverso il gioco, ma non può fermarsi al gioco perché se si pensa soltanto a questo il bambino potrebbe crescere nell’ozio e diventare quindi un adulto vittima dell’ozio. Per questo l’educazione scolastica è indispensabile, perché deve riuscire a equilibrare quelle che sono le ore ricreative di gioco a quelle che invece sono le ore dedicate appunto al lavoro e quindi formare un bambino in grado di essere un adulto responsabile e che sappia lavorare.

Un altro aspetto molto importante per quanto riguarda l’educazione di Kant è l’aspetto della disciplina che regola la morale, intesa come segnale di quelli che sono i limiti della libertà del bambino nel rispetto dell’obbedienza e nel seguire la morale.

Secondo Kant la moralità è la cosa più importante, ancor di più della disciplina, e non va confusa con essa, quindi se si vuole formare la moralità non si deve punire e la socievolezza, la sincerità, il senso del dovere si devono creare nel rapporto con il maestro.

A questo punto Kant dice che se ci sono delle trasgressioni da un punto di vista di sincerità e di obbedienza nei confronti del maestro si può ricorrere a dei castighi fisici o morali, però i castighi non devono essere inflitti in maniera irosa, ma semplicemente devono essere inflitti per cercare di far capire all’alunno dove ha sbagliato e cercare di renderlo consapevole per far sì che non reiteri nel tempo gli stessi errori.

Secondo Kant un’altra cosa molto importante è quella di abituare l’alunno a giudicare sè stesso secondo il lume della propria ragione e non nel confronto con gli altri; quindi alla base dell’educazione sociale di Kant ci sono la dignità e l’uguaglianza tra gli esseri umani. Il ragazzo deve acquisire, interiorizzare la propria coscienza e attraverso questa agire nel bene, agire nell’amore, nel rispetto verso gli altri, quindi non nell’agire per se stesso o ai semplici fini individualistici.

Kant ha ricevuto anche molte critiche per quanto riguarda il suo pensiero pedagogico in quanto giudicato  molto rigoroso; una delle critiche è quella che tralascia quasi i centri di interesse del bambino, che invece erano stati studiati da altri pedagogisti, a favore di un’educazione quasi da adulto, quindi viene criticato proprio di adultismo, imponendo ai fanciulli un apprendimento basato su caratteristiche e modalità tipiche degli adulti, tralasciando tutti quelli che sono i centri di interesse, i bisogni, le curiosità che invece caratterizzano la vita del bambino stesso. Sembra quasi che la pedagogia di Kant esprima una tensione educativa verso fini altissimi piuttosto che invece offrire una serie di suggerimenti, di esercizi pratici che gli educatori potrebbero applicare con i propri alunni per aiutarli a crescere. 

Questo forse è un po’ il limite di tutta la teoria di Kant.