L’attivismo pedagogico di Dewey

Oggi parleremo dell’attivismo pedagogico di John Dewey e quindi della rivoluzione che attuerà questo grandissimo filosofo, psicologo e soprattutto, nel nostro caso, pedagogista per quanto riguarda proprio la scuola tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, dando il via ad una vera e propria rivoluzione d’avanguardia.

Se si fa un’analisi della scuola del tempo, si rileva che, un po’ in tutto il mondo, si stava assistendo a dei veri e propri cambiamenti, tanto è vero che, sia in Europa che in America, gli accademici cominciavano a chiedersi se la scuola rispondesse ancora ai mutamenti che c’erano stati sia da un punto di vista della società, sia anche in riferimento a tutte le trasformazioni produttive che stava subendo il mondo in quel periodo. Ci si chiedeva, in pratica, se fosse il caso di puntare su una formazione diversa, una formazione più moderna, una formazione più adatta a venire incontro a queste nuove esigenze, sia dei giovani che della società.

Molte delle proposte del periodo riguardavano i collegi convitti, che erano dei collegi di scuola secondaria dove i ragazzi venivano ospitati tutta la settimana e poi magari nel weekend tornavano a casa; ciò perché queste scuole non erano in tutti i luoghi d’Italia, ma molto spesso erano dislocate lontano rispetto a dove vivevano i familiari che mandavano a studiare i propri ragazzi in questi collegi. Quindi c’era proprio la necessità di farli partire per tutta la settimana per poi rivederli soltanto nel weekend o nelle festività. I ragazzi venivano ospitati all’interno di questi collegi convitti dove appunto studiavano e potevano dormire e mangiare.

All’interno degli stessi collegi si assiste alla prima evoluzione scolastica; fino alla fine dell’ottocento e ancora all’inizio del novecento la scuola era tutta improntata ad una stile religioso e morale dove venivano impartite lezioni frontali e dove gli insegnanti tenevano, come di fronte a dei militari, a impartire lezioni e dare tante nozioni che il ragazzo faceva proprie e poi diventava un po’ una sorta di fotocopia di quello che era l’insegnante, cioè nozioni su nozioni senza poterle elaborare, senza poter esprimere le proprie idee, senza farsi un’idea propria. Quindi alla rigorosa disciplina di questa scuole religiose e di queste scuole militari viene sostituita una disciplina più democratica dove si favorisce il confronto tra idee, dove i giovani possono esprimere anche quelle che sono le loro attitudini e le proprie propensioni e allo stesso tempo mettere in pratica delle attività che li vedono proprio protagonisti. 

Nel contempo vere e proprie rivoluzioni furono fatte all’interno anche delle scuole elementari e qui chiamiamo in gioco proprio il nostro protagonista che è John Dewey.

Infatti Dewey fonda una scuola elementare presso il dipartimento pedagogico dell’università di Chicago, una scuola che dette il via poi ad una serie di altre che presero l’esempio proprio da Dewey e poi piano piano si allargarono in tutto il mondo, perché vennero prese ad esempio in Francia e anche in Italia con la Montessori e tanti altri pedagogisti del tempo. Anche se queste scuole vengono definite scuole d’avanguardia rimangono comunque per tanti e tanti anni ancora un fenomeno di élite; questo perché effettivamente soltanto le famiglie abbienti potevano permettersi di far studiare i propri figli in queste scuole.

Purtroppo al tempo c’era ancora la piaga più grande da sconfiggere cioè l’analfabetismo infantile; questo per vari motivi; il primo era proprio una mancanza di soldi, il secondo era anche il fatto che proprio per necessità economiche molti di questi bambini venivano sfruttati nel mondo del lavoro fin da giovanissimi e quindi non avevano l’opportunità nemmeno di andare a studiare per avere un minimo di alfabetizzazione primaria. 

Però il punto di rottura diventa fondamentale e definitivo perché d’ora in poi la scuola cambia completamente: se prima, ripeto, veniva vista un po’ come un’istituzione militare, dove tutti andavano a scuola per imparare nozioni su nozioni senza rielaborare queste informazioni e per creare elementi sempre uguali, adesso proprio l’ideologia della scuola cambia e tramite Dewey praticamente si passa da una sorta di lezioni passive, che vedevano appunto gli alunni subire queste lezioni frontali, a una trasformazione radicale in quanto i ragazzi diventano i veri e propri protagonisti di tutta la situazione, diventano attivi tant’è vero che questo filone d’avanguardia viene chiamato proprio l’attivismo pedagogico di Dewey.

In cosa consiste? Proprio nel vedere l’alunno protagonista della lezione in quanto il maestro non starà lì a fare teoria, a leggere sui libri o impartire lezioni teoriche, ma farà sperimentare ai ragazzi determinate situazioni. Infatti, all’interno di questa scuola di Chicago, Dewey crea dei veri e propri laboratori pedagogici, dove i ragazzi si attivano praticamente ad imparare a fare tantissime cose; quindi laboratori pratici che ruotano per esempio attorno al lavoro d’officina o al lavoro tessile o al lavoro in cucina.

Questa scuola è frequentata da ragazzi che vanno dai 4 ai 13 anni e il loro compito è proprio quello di svolgere continuamente laboratori dove faranno tantissimi esperimenti. Sicuramente rispetto a prima c’è una maggiore attenzione a quelle che sono le propensioni, le qualità e le attitudini dell’alunno, perché in qualche modo l’alunno stesso è costretto a mettere in campo delle strategie per trovare soluzioni a problemi che il maestro gli presenterà. Un esempio che mi viene in mente è proprio quello dell’uovo, cioè tramite degli esperimenti, tramite dei laboratori i ragazzi imparano a fare due cose, intanto a cucinare, per esempio come cuocere un uovo, poi a dedurre da questo procedimento il cambiamento fisico che avviene nell’uovo stesso. Tanto è vero che imparano, nel momento in cui l’uovo bolle, che passa da uno stato liquido ad uno stato solido; quindi oltre ad avere imparato a cavarsela in cucina e quindi imparare a cucinare un uovo impareranno anche qual è il processo chimico fisico di trasformazione della materia stessa; all’atto pratico cosa cambia? Che vi è una partecipazione attiva degli alunni.

Gli alunni devono collaborare e cooperare tra loro per trovare soluzioni a problemi che il maestro porterà avanti; il maestro non insegnerà nessun tipo di teoria, ma dalla pratica poi si ricaverà la teoria; quindi alla base del pensiero di Dewey c’è proprio l’esperienza attiva di ogni singolo alunno.

Questo perché l’esperienza umana per Dewey è principalmente cosa attiva prima ancora che conoscitiva e poi questa attività pratica è utile perché ci fa conoscere le cose, cioè attraverso il rapporto tra l’esperimento che facciamo e ciò che ne deduciamo noi riusciamo anche poi a conoscere le cose. Quindi tutto sarà conosciuto tramite l’esperienza.

Adesso vediamo in ordine quali sono i passi che comprendono questo pensiero. La prima cosa che deve fare il maestro è proprio quella di porre un problema, che poi diventi appunto per l’alunno un disagio, cioè un motivo per il quale farsi delle domande e quindi industriarsi in qualche modo per trovare delle risposte.

Il secondo passo sarà quello dell’osservazione, quindi l’alunno dovrà osservare tutte le variabili e tutto ciò che ha a disposizione per provarle a mettere insieme e trovare una soluzione del problema riportato. 

Una volta osservate tutte le variabili l’alunno passerà al terzo punto che è quello di provare a formulare un’ipotesi di soluzione del problema; poi dovrà, quarto punto, sperimentare se effettivamente la sua ipotesi è vera oppure no e il quinto punto è, se l’ipotesi in qualche modo viene verificata con dei dati certi che si ripetono e sono sempre gli stessi, allora bene, si è trovata una soluzione al problema. 

In caso contrario bisognerà ricominciare tutto il procedimento da capo e diciamo che questo procedimento ricorda molto il metodo scientifico, quello su cui poi si basano tutte le scienze, fatto appunto di osservazione dei dati, formulazione di un’ipotesi, verifica empirica (basata quindi su dati di realtà dell’ipotesi stessa) fino alla formulazione di una teoria o di una tesi. Altrimenti bisognerà ricominciare il procedimento da capo riosservando di nuovo i dati e formulando una nuova ipotesi.

Però i ragazzi non vengono lasciati a se stessi e infatti è l’insegnante che dovrà stabilire dei criteri per valutare le esperienze che possono essere positive e distinguerle da quelle che invece saranno negative e questo si potrà stabilire solo in base a due criteri: primo è il principio di continuità, cioè cominciare da piccoli esperimenti e la soluzione di questi esperimenti porrà le basi per i problemi successivi, quindi andare per gradi; il secondo è il principio di interazione secondo il quale l’individuo non lavorerà da solo, ma lavorerà sempre in interazione con l’ambiente circostante e quindi le due variabili fondamentali saranno l’individuo, ma anche l’ambiente che lo circonda.

Un altro punto fondamentale dello stile educativo di Dewey è il concetto di democrazia, cui tiene tantissimo perché la scuola deve essere un po’ alla base di quello che succederà poi in futuro, cioè come l’alunno imparerà determinate cose e dovrà poi essere in grado di metterle in pratica nel mondo lavorativo; quindi cerca di fare introiettare l’idea di democrazia fin dai banchi di scuola.

Secondo lui infatti c’è uno stretto rapporto tra democrazia ed educazione, perché se l’uomo è stato così intelligente da raggiungere degli accordi in forma democratica è bene che gli alunni lo imparino fin da scuola, come all’interno del lavoro di gruppo, ognuno avrà un suo compito da svolgere e quindi avrà dei doveri e dei diritti all’interno del gruppo stesso. Il dovere sarà quello di portare avanti il proprio compito, il diritto sarà quello di far parte di un gruppo, quindi di essere sostenuto dal gruppo per poi, tutti insieme, raggiungere l’obiettivo comune. Quindi tramite l’esperienza si insegna pure il concetto di democrazia che poi ragazzi, una volta fatto proprio, potranno rispendersi fuori dalla scuola e nel mondo del lavoro.