Locke e l’empirismo in filosofia

Oggi tratteremo l’argomento di Locke filosofo, che abbiamo già trattato da un punto di vista pedagogico.

Cercheremo di scoprire quali sono le caratteristiche filosofiche che l’hanno contraddistinto: la prima cosa importante da dire è che Locke, nato in Inghilterra nel 1632 e morto nel 1704, è stato il padre dell’empirismo inglese. Come già vi avevo accennato l’altra volta, questa corrente va un po’ contro il razionalismo e quindi Cartesio (che invece era stato il promotore del razionalismo). L’empirismo, rispetto al razionalismo, definisce la ragione come l’insieme dei poteri limitati dall’esperienza. 

Quindi l’esperienza sensibile, cioè tutto ciò che noi possiamo sperimentare attraverso i nostri sensi, è tutto ciò che esiste.

L’esperienza è intesa appunto per Locke come la fonte e l’origine del nostro processo conoscitivo, ma anche come criterio di verità delle tesi dell’intelletto che risultano quindi valide soltanto se suscettibili di controllo empirico, cioè soltanto se si possono fare delle comprovate prove attraverso i nostri sensi e quindi su dati di realtà. Ovviamente tutto ciò fa sì che si assuma un atteggiamento critico e soprattutto limitativo per quanto riguarda le possibilità conoscitive dell’essere umano, poiché ciò esclude tutti i problemi per esempio di natura metafisica, cioè tutto ciò che va oltre la fisica e tutto ciò che va oltre la nostra percezione sensibile e quindi non sono accessibili agli strumenti che l’uomo ha a disposizione. Le opere fondamentali di Locke sono state tre: Lettere sulla tolleranza, due trattati sul governo e il Saggio sull’intelletto umano, che è un po’ quello che ci riguarda di più perché tratta tutti i temi filosofici a lui molto cari.

Il primo tema che lui affronta è quello del rapporto tra ragione ed esperienza. Per Locke la ragione non possiede nessuna delle caratteristiche che invece le aveva dato Cartesio. Intanto non è unica, uguale per tutti gli uomini in quanto ognuno ne dispone in maniera diversa, poi non è infallibile perché secondo Locke le idee di cui l’uomo dispone sono limitate o oscure e non si lasciano quindi concatenare tra di loro in un ragionamento lineare; un’altra cosa è che l’uomo non può ricavare da sé idee o principi, ma deve sempre ricavarli dall’esperienza, appunto come vi dicevo prima, dall’esperienza sensibile, che ha sempre comunque dei limiti e delle condizioni. Ma Locke comunque ci dice che, seppur debole, seppur imperfetta, la ragione è l’unica guida efficace di cui dispone l’uomo. Infatti tutta l’opera di Locke si basa su come essa interessa l’uomo per la morale, per la politica, per la religione, ecc.

Adesso cerchiamo di analizzare quindi il concetto di idea per Locke. Per Locke infatti il punto di partenza delle indagini è uguale all’oggetto della nostra conoscenza che sarebbe appunto l’idea; le idee derivano sempre dalle esperienze, cioè non sono assolutamente il frutto di una spontaneità creatrice della nostra mente o del nostro intelletto, ma sono sempre, si devono sempre ???????????la possibilità dell’intelletto nei confronti della realtà esterna; quindi la realtà è divisa in due parti per Locke, la realtà esterna e la realtà interna. La realtà esterna sono le cose naturali cioè sono le idee di sensazione che possiamo derivare dall’esterno ad esempio percepiamo il fiore giallo quindi il colore del fiore il giallo appunto, oppure la sensazione di caldo, oppure per esempio la sensazione di amaro quando assaggiamo un cibo e lo percepiamo amaro, mentre la realtà interna è lo spirito. Dello spirito fanno parte le idee di riflessione che sono quelle derivate dall’interno ad esempio il pensiero, il ragionamento e la riflessione.

Un’altra cosa importante sulle idee è che per Locke esistono solo se sono pensate quindi per esistere le idee devono essere pensate altrimenti non esistono.

Secondo Locke l’esperienza ci fornisce soltanto delle idee semplici, ma in tutti i casi l’intelletto anche il più potente anche chi è dotato di un intelletto molto evoluto non può assolutamente creare delle idee, ma può soltanto derivarle dall’esperienza esterna, dalle esperienza sensibili.

Quindi nega totalmente l’esistenza di idee innate che invece un po’ fa parte appunto del ragionamento dei razionalisti che basano appunto tutto sulla ragione e sulle idee innate. Nel ricevere queste idee lo spirito di cui parlavo prima è totalmente passivo, diventa attivo in un secondo momento, cioè quando si serve di tali idee per riunirle tra di loro e creare piano piano delle idee più complesse. Quindi l’attività dello spirito dà luogo ad idee più complesse e generali che si dividono in tre categorie secondo Locke: i modi, le sostanze e le relazioni.

I modi sono delle idee non sussistenti di per sé, ma solo come manifestazioni di una sostanza, ad esempio l’idea di triangolo, l’idea di delitto, ecc. sono delle idee che di per sé non sussistono perché per esempio nell’idea di delitto ci deve essere l’idea di un uomo più un altro uomo, cioè di una vittima e di un carnefice.

Le sostanze invece sono delle idee complesse che esistono di per sé, come l’idea di uomo, l’idea di mucca, l’idea di pecora, ecc. 

Poi come vi dicevo ci sono le relazioni che sono le idee scaturite da altre idee, ad esempio tutte le idee che si collegano tra di loro con causa ed effetto, per esempio un’idea che diventa causa dell’altra e di conseguenza l’altra tutta la conseguenza della prima. Secondo Locke le idee generali non indicano nessuna realtà, ma semplicemente sono dei segni di cose particolari fra le quali si può riconoscere una certa somiglianza, ad esempio quando si forma l’idea di uomo mediante l’osservazione si nota che tra tutti gli uomini ci sono delle somiglianze e quindi il nostro intelletto attribuisce queste somiglianze a tutti gli individui caratterizzandoli appunto come uomini, come idea di uomo.

Affrontiamo ora il tema della conoscenza. Secondo Locke

la conoscenza non si riduce alle idee, perché consiste nella percezione di un accordo o di un disaccordo delle idee tra di loro e quindi divide la conoscenza in conoscenza intuitiva e conoscenza dimostrativa. Intuitiva, lo dice il termine stesso, è basata sull’intuizione, quindi vi è un accordo immediato tra le idee ad esempio un muro è bianco e non è nero. Dimostrative invece quando l’accordo non è immediato ed è reso evidente con idee intermedie che si concatenano tra di loro; però Locke dice che c’è anche una conoscenza di cose al di fuori di noi e per spiegare ciò distingue tre ordini di realtà che sono io, Dio e le cose. 

Io sarebbe il nostro io appunto che noi conosciamo per intuizione in quanto io penso, io ragiono, io dubito e quindi intuisco la mia esistenza.

Dio invece attraverso la dimostrazione è la prova causale della tradizione, se qualcosa c’è infatti, se qualcosa esiste è grazie al fatto che è stata prodotta da un’altra cosa, cioè da un essere eterno. 

Le cose invece esistono tramite la sensazione cioè se noi riceviamo dall’esterno una sensazione, questa ci basta per dimostrare che quella cosa esiste. Questo però vale solo nel qui ed ora, cioè vale nell’istante in cui percepiamo quella sensazione, per esempio io vedo una cosa, a quel punto quella cosa esiste, ma quando l’oggetto non è più testimoniato dalla percezione dei miei sensi, la certezza della sua esistenza comincia a vacillare e a quel punto non c’è più certezza della sua esistenza, ma solo probabilità. Se ad esempio io non ho percezione di un uomo che ho visto una settimana fa, quell’uomo può continuare a vivere e probabilmente continuerà a vivere, ma io non posso averne la certezza.

 

A questo punto passiamo al pensiero politico di Locke che è basato sullo stato di natura dell’uomo un po’ come già avevamo visto per Hobbes, anche se ci sono delle differenze sostanziali tra Hobbes e Locke.  Per Hobbes, di cui ho già fatto un video che potrete trovare linkato qui sotto, lo stato di natura dell’uomo è basato sull’egoismo e quindi sull’identico diritto di tutti su tutto, mentre per Locke è basato sull’identico diritto di tutti gli uomini di disporre di sé e dei propri beni non quelli comuni. Per Hobbes questa cosa abbiamo visto che non è limitata ad alcuna regola e ciò genera quindi un conflitto perenne di tutti contro tutti, mentre per Locke è limitato dalla legge di natura, che impone ad un individuo di non danneggiare l’altro e ciò in qualche modo garantisce, seppure nei limiti, una convivenza pacifica.

Per Hobbes non esiste un concetto di bene o di male, di giusto o di ingiusto, mentre per Locke coincide con una condizione di giustizia naturale, quindi per lui lo stato è una società di uomini costituita per conservarne i beni civili, la vita e la libertà. Questo compito costituisce e stabilisce i limiti della sua sovranità, ma la salvezza dell’anima è al di fuori di questi limiti, la salvezza infatti dipende dalla fede e la fede non può essere indotta dagli altri, cioè ogni uomo o ce l’ha o non ce l’ha.