Papert: pedagogia e nuove tecnologie

In questo nuovo video oggi mi occuperò di Simon Papert, che è stato un grande matematico, filosofo, informatico e anche pedagogista.

Papert nasce nel 1928 a Pretoria in Sud Africa, ma ben presto si trasferisce a Parigi dove compie i suoi studi di matematica e poi si trasferisce a Ginevra dove si specializza in psicologia dell’età evolutiva sotto la guida di Piaget.

Nel 1967 si trasferisce in America, per la precisione al MIT di Boston (Istituto di Tecnologia del Massachussetts) dove fonda un laboratorio di intelligenza artificiale insieme al suo collega Minky.

Papert è molto famoso per aver inventato il “LOGO”, che è un linguaggio di programmazione adatto a tutti i bambini, anche a quelli più piccoli, anche i bambini che si affacciano alle elementari e quindi per aver rivoluzionato l’utilizzo di questo mezzo tecnologico, appunto del personal computer, all’interno della didattica.

Gli studi di Papert sono stati divulgati in varie opere: le due più famose sono “mindstorms. Bambini, computers e creatività” del 1984 e “i bambini e il computer” del 1993. Entrambe queste opere implicano un ripensamento globale del sistema scolastico e della didattica, in funzione anche e soprattutto delle nuove tecnologie.

La sua proposta pedagogica si avvicina quindi in qualche modo a quelle che erano le pedagogie non direttive che, come abbiamo già visto per esempio con Rogers e con Freire, con un richiamo alla liberazione della creatività e della motivazione del bambino nelle varie fasi di apprendimento, tutto reso possibile grazie all’utilizzo del computer.

La diffusione dei computer come strumento di apprendimento nelle scuole fino agli anni settanta del novecento seguiva un approccio di stampo comportamentista; come avevamo già visto nel video di Skinner, queste macchine servivano per aiutare nell’apprendimento individualizzato, cioè per aiutare il bambino o il ragazzo ad affrontare una serie o una batteria di esercizi e per migliorare le sue prestazioni. Si passava ad esercizi con difficoltà maggiore nel momento in cui venivano superate quelle tipologie di esercizio e la macchina, fornendo questi esercizi, aiutava il bambino a migliorare le sue performance e quindi anche a migliorare i ritmi di apprendimento.

L’invenzione di “logo” però pone proprio le basi per una ristrutturazione completa di questo approccio; infatti già alla fine degli anni sessanta del ventesimo secolo Papert, con i suoi collaboratori, aveva ideato questo linguaggio di programmazione adatto ai bambini, come dicevo prima, anche ai bambini più piccoli che servirà proprio per dare al computer delle indicazioni e delle istruzioni per poter fare dei disegni geometrici complessi.

In seguito poi questo linguaggio è stato utilizzato per dare dei comandi e delle istruzioni precise a dei componenti elettronici come pezzi di costruzioni, così che i bambini potevano divertirsi a costruire dei robot che poi venivano comandati con il computer.

In questo modo si è passati quindi ad un uso auto-diretto e creativo della macchina e i bambini si potevano quindi divertire a realizzare i propri obiettivi e a non seguire quelli tracciati da altri. Quindi “Logo”, questo linguaggio di programmazione elementare che possono usare facilmente anche i bambini, diventa lo strumento necessario e fondamentale per il controllo del computer, non solo per i bambini, ma anche per chiunque altro. Consente anche di ottenere, sulla base di principi matematici e logici, risultati immediati come disegni, musica, eccetera.

In questo ambiente scolastico quindi il docente si trasforma in un animatore, come colui che promuove queste attività progettuali, che permettono ai ragazzi di avere la possibilità di scambiarsi le idee tra di loro e grazie alle quali imparano progettando, comunicando e condividendo le idee tra loro, sia che esse siano giuste, sia che siano sbagliate.

In un ambiente del genere quindi ognuno apprende in condivisione con l’altro; alcune idee, come dicevo, possono essere giuste altre sbagliate, ma non c’è un giudizio di base: tutte le idee in qualche modo devono essere accolte e scambiate.

Infatti, secondo l’autore, i bambini devono essere indipendenti e responsabili del proprio apprendimento, cioè devono essere in grado da soli di selezionare le conoscenze di cui hanno bisogno.

Nella teoria di Papert quindi il computer diventa il primo mezzo di apprendimento, non è più visto come uno strumento tecnologico e basta, ma deve essere proprio quello strumento teso ad abbattere il muro tra cultura umanistica e cultura scientifica e l’obiettivo dell’uso del computer è proprio questo apprendimento attivo dove, secondo Papert, è proprio il bambino ad apprendere programmando il computer e non viceversa.

Quindi per Papert i computer possiedono un potenziale rivoluzionario che si sposa perfettamente con un approccio denominato “Pet”, Progressive Educational Technology.

Alla base del Pet c’è proprio l’idea che l’utilizzo del computer diventa per il bambino, come dicevamo prima, lo strumento per programmare proprio il suo apprendimento di tipo individuale, in quanto il bambino può avere quegli strumenti per programmare il computer in modo che questo lo aiuti a svolgere quei compiti che gli servono per raggiungere il suo personale obiettivo di ricerca.

Papert, a proposito di questo, utilizza proprio il termine che aveva coniato Comenio: “matetica” a designare questa scienza dell’apprendimento, in opposizione alla didattica che invece è la scienza dell’insegnamento.

Per formulare la sua teoria Papert si rifà alla teoria del costruttivismo di Piaget, secondo la quale chiunque apprende, si costruisce dei modelli mentali per comprendere il mondo che lo circonda. E Papert affonda le sue radici proprio in quello che diceva Piaget per elaborare la sua teoria del costruzionismo.

Il costruzionismo di Papert dice proprio che nell’atto di apprendimento ogni essere umano apprende meglio se può costruire dei materiali concreti, degli oggetti reali, degli artefatti cognitivi.

L’idea di base è proprio quella che la mente, per apprendere, per generare sempre nuove idee, abbia bisogno di maneggiare degli oggetti reali e di costruire delle cose reali e questa regola non vale solo per i bambini, ma vale per tutte le persone che vogliono apprendere, quindi bambini, adolescenti e adulti.

Come si rappresenta il mondo che ci circonda? L’autore ci dice che si procede per tentativi di rappresentazioni del mondo che ci circonda, per prove e per errori e l’apprendimento si sviluppa poi tramite la discussione, l’analisi, il confronto, il montare, lo smontare e il rimontare questi artefatti cognitivi.

Nella teoria del costruzionismo la scuola diventa quindi il luogo dove costruire le proprie conoscenze e non dove trasmettere le conoscenze; il computer diventa proprio il mezzo, lo strumento attraverso il quale attivamente i ragazzi possano costruire le proprie conoscenze.

Papert parte dal presupposto che la mente del bambino non è un contenitore infinito, un vaso dove poter inserire continuamente informazioni, nozioni, date, numeri, ecc., ma è bene insegnare a pensare, a giocare e a fare. Quindi rispetto al dare sempre nuove conoscenze, al dare sempre nuove informazioni è molto più importante analizzare bene le conoscenze che si hanno già e cercare di sfruttarle al meglio per raggiungere i propri obiettivi.

Per Papert un altro aspetto molto importante nella fase di apprendimento è quello dell’accoglimento dell’errore, in quanto lui stesso dice che la macchina non è uno strumento che fornisce informazioni, è uno strumento che serve per scoprire, per costruire, per apprendere e anche per sbagliare. L’errore infatti non deve essere visto come un qualcosa di negativo, ma invece è una componente importante nella fase di apprendimento, sbagliare significa per l’autore proprio esplorare la realtà nella ricerca di soluzioni alternative al problema riportato e l’errore è proprio indicativo perché ci aiuta a prendere coscienza dell’errore stesso e quindi a migliorarci.

Qual è quindi il compito dell’insegnante? L’insegnante diventa  colui che guida il bambino alla comprensione dell’errore che ha commesso, quindi la correzione degli errori fa proprio parte del processo di apprendimento e della comprensione di ciò che è andato bene e di ciò che non è andato bene durante il procedimento. E in questo avvicinarsi alla meta procedendo per prove ed errori e quindi per tentativi e correzioni, l’esperienza della programmazione, secondo Papert, si rivela proprio uno strumento eccellente.