Piaget e la teoria dello sviluppo cognitivo

Oggi parlerò di un autore che non era proprio in programma, ma che mi è stato chiesto da diverse persone ed è abbastanza complesso. Cercherò di renderlo il più fruibile e più facile e comprensibile possibile.

Parlerò infatti di Piaget: è stato un grandissimo psicologo, biologo, pedagogista e anche filosofo del novecento. Nasce in svizzera nel 1896, il padre era uno studioso di letteratura medievale, mentre la madre purtroppo soffriva di nevrosi e proprio in questo contesto Piaget sviluppa un grande interesse per la teoria psicanalitica. Insieme a Freud è una delle personalità più incisive e più importanti di tutto il novecento, per quanto riguarda proprio le teorie sullo sviluppo del fanciullo.

La sua prima occupazione è stata quella di biologo, infatti si laurea in biologia e all’inizio studia proprio lo sviluppo dei molluschi; però dopo l’incontro con Simon, che è stato l’inventore del test di intelligenza, si appassionò talmente tanto a questo discorso, che decise di standardizzare questo test, che al momento era stato sperimentato soltanto sui bambini di Parigi.

Piaget si entusiasmò talmente per lo studio dell’intelligenza dei bambini, che passò poi la sua intera carriera ad approfondire lo sviluppo del pensiero del bambino e i processi meta cognitivi. Piaget diventa il fondatore dell’epistemologia genetica, che è proprio quel concetto attraverso il quale si cerca di andare a indagare la conoscenza attraverso lo sviluppo delle fasi della vita.

Inoltre pone l’attenzione sul concetto di intelligenza. Secondo Piaget infatti l’intelligenza si evolve qualitativamente; quindi l’intelligenza è una forma di adattamento dell’uomo all’ambiente e si sviluppa per fasi e stadi evolutivi e secondo l’autore lo scambio con l’ambiente avviene attraverso due processi che sono fondamentali: il processo di assimilazione e il processo di accomodamento.

L’assimilazione è quel processo attraverso il quale un nuovo dato viene inserito nella mente del bambino e quindi viene assimilato attraverso i sensi che lo percepiscono dall’ambiente e lo assimilano da questo, mentre l’accomodamento è quel processo che completa il precedente, cioè gli schemi mentali del bambino si accomodano in qualche modo all’ambiente. Prima vengono assimilati e poi si accomodano fino a cambiare le strutture degli schemi che già possedeva il bambino. Secondo Piaget questo scambio continuo con l’ambiente attraverso questi due processi crea degli schemi mentali. Ad es. nel momento in cui si vuole far afferrare un oggetto ad un bambino, il bambino tenterà di afferrarlo con gli schemi che già conosce, ma prima o poi dovrà adattarsi al fatto che magari questo oggetto ha una presa diversa e quindi per riuscire ad afferrarlo dovrà in qualche modo cambiare gli schemi che già possedeva.

Piaget nei suoi studi però si interesserà anche al concetto di percezione e al concetto di memoria; la percezione nel senso di come noi interpretiamo il mondo attraverso l’utilizzo dei nostri cinque sensi e la memoria che è l’aspetto intellettivo e la capacità di ricostruire il passato, un po’ come un contenitore nel quale noi andiamo quando vogliamo a ripescare episodi del passato. 

Piaget come aveva fatto Freud, che distingueva lo sviluppo del bambino in varie fasi, distingue lo sviluppo del bambino in quattro stadi principali: lo stadio senso motorio, lo stadio pre-operatorio, lo stadio delle operazioni concrete e lo stadio delle operazioni astratte.

Il primo, lo stadio senso motorio, è quello più complesso, perché suddiviso in sei sotto stadi. In generale è comunque caratterizzato da un’azione diretta e da schemi di azione pratica. Il primo sotto stadio va da zero a un mese e mezzo di vita e in questo periodo l’intelligenza del bambino è tale da permettergli in qualche modo di rispondere in maniera percettiva agli stimoli esterni. Il bambino ha un’attività riflessa e risponde a tale attività in maniera automatica e non mediata quindi da capacità cerebrali.

Il secondo sotto stadio va da un mese e mezzo a quattro mesi di vita; il bambino in questa fase si comporta in modo ripetitivo a seconda delle esperienze. Impara a rispondere con un verso ai vari stimoli e si accomoda la realtà in questo modo ed è il periodo in cui comincia a formare le prime abitudini come per esempio quella di succhiare il pollice. Non si parla ancora di vera e propria intelligenza in questo periodo, in quanto ogni scoperta che fa si ripete sempre per abitudine e quindi anche le azioni si ripetono per abitudine.

Tra i 4 e gli 8 mesi il bambino diventa più curioso, è sempre più incuriosito dagli stimoli esterni, si interessa a tutto il mondo che lo circonda e comincia a fare le cose con l’intenzione; inizia a coordinare le sue azioni attraverso i due procedimenti che abbiamo visto prima, assimilazione e accomodamento, e non si muove più per casualità, ma comincia ad esplorare il mondo. 

Tra gli 8 ei 12 mesi arrivano nuovi schemi da applicare alle nuove situazioni e quindi il bambino sposta l’apprendimento a queste nuove situazioni, comincia a comprendere la relazione spazio temporale, ovvero capisce che per muoversi ha bisogno di spazio. Comincia a risolvere quei primi problemini di organizzazione del suo piccolo mondo.

Tra i 12 e i 18 mesi inizia invece la fase di esplorazione attiva, cioè il bambino si attiva proprio per esplorare il mondo esterno e quando scopre un oggetto nuovo gli piace individuarne le proprietà attraverso la messa in atto di nuovi schemi, che derivano dall’evoluzione di schemi vecchi. In questo modo scopre anche nuove vie per raggiungere scopi in maniera diversa rispetto a prima.

Nella fase che va dai 18 ai 24 mesi il bambino inventa nuovi mezzi, mediante combinazioni mentali degli schemi. E’ la fase della rappresentazione degli oggetti in simboli e ciò permetterà al bambino di distinguere il simbolo dall’oggetto che rappresenta, quindi è la fase in cui riesce anche ad arrivare dal gioco pratico a un gioco simbolico e anche a verbalizzare dei piccoli pensieri di cose che non sono presenti in quel momento, ma che magari ricorda di aver visto il giorno precedente. Poi si passa al secondo stadio che e lo stadio pre-operatorio; questa fase va dai 2 ai 6/7 anni ed è la fase dove si sviluppa veramente il pensiero simbolico e quindi il bambino rappresenta mentalmente tutti gli oggetti. La rappresentazione simbolica però si sviluppa progressivamente, in quanto per esempio un bambino utilizza un gioco fino ai 4/5 anni in un modo e poi in un altro modo (ad esempio una bambola fino ai 4 anni il bambino tenderà a cullarla, dai 4/5 anni in poi invece il gioco cambierà, sarà più elaborato e metterà in pratica dei giochi di finzione, come per esempio quello di mamma e figlio. Questa è detta la fase dell’imitazione.

Dai 6/7 ai 12 anni vi è la fase delle operazioni concrete, in questa fase il bambino acquista delle capacità di ordinare e classificare gli oggetti mediante dei criteri, si acquistano nuove nozioni di tempo, di spazio, di numero che prima non si avevano e quindi si cominciano a fare delle vere e proprie operazioni. Da qui in poi il bambino sarà quindi in grado di compiere delle azioni logiche, ma concrete ad es. sommare, sottrarre, dividere, classificare degli oggetti, quindi tutte operazioni basate sempre su dati tangibili.

Poi si passa all’ultimo stadio, che è quello delle operazioni astratte e va dagli 11/12 anni in poi. Il bambino in questa fase comincia a formulare delle ipotesi mentali e a fare dei veri e propri collegamenti tra gli eventi, si sviluppa quindi il pensiero ipotetico, deduttivo, logico, astratto e flessibile e tutte queste operazioni formali vengono poi applicate dal bambino alle varie situazioni in cui si viene a trovare.

Secondo Piaget questi stadi sono progressivi e successivi l’uno all’altro ed il passaggio da uno stadio all’altro dipende da tanti fattori, principalmente da 4. Uno è la maturazione fisica, un altro è l’esperienza che il bambino farà con tutti gli oggetti e gli stimoli esterni che incontrerà, un altro è l’esperienza sociale, un altro infine è l’equilibrazione, secondo cui l’adattamento continuo che c’è tra l’assimilazione e l’accomodamento genera sempre nuovi equilibri.