Vygotskij e Piaget: lo sviluppo del linguaggio

Oggi parleremo di due grandi pedagogisti e li metteremo a confronto, dato che le loro teorie sono un po’ in contrapposizione l’una con l’altra.

Parleremo di Vygotskij e Piaget; già l’altra volta ho fatto un video su Piaget, raccontando un po’ della sua vita, dei suoi studi e della sua teoria dello sviluppo cognitivo del bambino, diviso in vari stadi.

Adesso vedremo velocemente Piaget e poi passeremo a Vygotskij, analizzando il suo pensiero e mettendolo in parallelo con quello di Piaget.

Per quanto riguarda Piaget, già l’altra volta, vi avevo spiegato che lo sviluppo cognitivo del bambino è diviso in vari stadi sequenziali l’uno all’altro e per Piaget questo sviluppo sequenziale di questi stadi non è importante solo per il pensiero, ma è importante anche per il linguaggio, in quanto il linguaggio si sviluppa in conseguenza al pensiero. Il bambino infatti tramite questi meccanismi di assimilazione e accomodamento svilupperà il pensiero e di conseguenza riuscirà a sviluppare anche il linguaggio; quindi il linguaggio è conseguente allo sviluppo del pensiero.

Il bambino sviluppa la capacità rappresentazionale nella prima infanzia e durante lo studio senso motorio il bambino possiede degli schemi molto semplici che gli fanno percepire il mondo esterno e rispondere in maniera riflessa agli stimoli percettivi. Dai 18 mesi ai 7 anni invece si consolidano degli schemi molto più complessi che sono un po’ un’evoluzione degli schemi precedenti e che permetteranno al bambino lo sviluppo di rappresentazioni mentali degli oggetti percepiti e di conseguenza anche lo sviluppo del linguaggio. In questa fase della sua vita, secondo Piaget, il linguaggio è prettamente egocentrico, ciò vuol dire che praticamente il bambino non ha cognizione che al di là del suo punto di vista ne possano esistere altri, per cui non si preoccupa minimamente di adattare il suo linguaggio a quelle che possono essere le esigenze degli interlocutori con i quali si viene a trovare. 

Nella seconda infanzia, che va dai 7 agli 11 anni, il pensiero rimane sempre agganciato alla concretezza, ma diventa meno egocentrico. Piaget dice che in questa fase difficilmente il bambino riesce ancora a svincolarsi dal suo punto di vista e a guardare gli altri punti di vista, però il linguaggio diventa più socializzato.

Dai 12 anni in su, con lo stadio logico astratto, anche il pensiero diventerà ipotetico deduttivo e astratto e il linguaggio sarà più evoluto.

Ora cerchiamo di conoscere Vygotskij e il suo punto di vista.

Vygotskij nasce a Orsa in Bielorussia nel 1896 e muore abbastanza presto nel 1934 a Mosca. Si forma con studi universitari che riguardano sia la filosofia che le scienze umane e si trova ad operare principalmente durante il regime sovietico, che mal vedeva i rapporti con l’occidente e il pensiero occidentale sullo sviluppo del bambino e dell’uomo, dal momento che incentrava tutto il suo pensiero soltanto sullo sviluppo sociale.

Vygotskij, pur aderendo a questo pensiero, non smise mai di confrontarsi anche con quelle che erano le idee occidentali sullo sviluppo del bambino e durante la sua breve vita numerosi furono gli studi e le pubblicazioni che fece sulla psicologia e i bambini e sulla psicologia educativa, sia per quanto riguarda bambini con deficit psichici, sia con deficit fisici.

Ma la sua opera più importante risale proprio al 1934, l’anno della sua morte, ed è “Pensiero e Linguaggio”, un’opera che, dopo un paio d’anni dalla sua morte, nel 1936 fu condannata dal comitato centrale del partito comunista sovietico perché considerata troppo a favore di quelle che erano tutte le teorie occidentali sulla psicopedagogia scientifica. Proprio con quest’opera, Vygotskij prende decisamente le distanze da Piaget, in quanto il bambino che analizzava Piaget era un bambino che scoprendo il mondo era un po’ come uno scienziato isolato nel suo laboratorio che sperimentava il mondo che lo circonda. Vygotskij critica molto questo aspetto in quanto secondo lui l’aspetto della socialità del bambino è quello più importante. 

Infatti per Vygotskij il bambino cresce nell’interazione con gli altri, soprattutto in un primo periodo proprio con gli adulti, e questa interazione ha un effetto molto positivo per il bambino perché lo aiuta proprio nello sviluppo delle sue capacità mentali.

Quindi l’analisi che fa Vygotskij è del bambino all’interno del suo contesto sociale e divide lo sviluppo mentale e cognitivo del bambino attraverso degli stadi come faceva Piaget. 

Vygotskij si interessò al linguaggio definendolo proprio una funzione psichica fondamentale per il bambino e che si sviluppa con l’interazione sociale con gli altri; in pratica è una funzione inter psichica che mette in connessione continuamente un bambino con il resto del mondo e una persona con le altre persone. Quindi per Vygotskij lo sviluppo del bambino è importante in quanto il bambino stesso ha un’interazione con l’ambiente e con tutte le persone con l’aspetto sociale, quindi bisogna analizzare la storia sociale del bambino per capirne lo sviluppo. Attraverso l’ambiente esterno il bambino impara ad interagire con gli altri e ad interiorizzare quelli che sono i comportamenti basati proprio sulla comunicazione e l’autore quindi parla di interazione sociale con l’ambiente dalla nascita fino al momento in cui si muore. Il bambino per Vygotskij impara quasi prima a parlare e poi a pensare, quindi se per Piaget il bambino prima impara a pensare e poi, dopo aver sviluppato queste prime forme di pensiero, piano piano con gli stadi sequenziali comincia anche a parlare e quindi  a imparare il linguaggio, per Vygotskij è esattamente il contrario: il bambino imparerà prima a parlare e poi a pensare. Queste due funzioni per Vygotskij sono indipendenti l’una dall’altra almeno fino ai due anni di vita e poi si fondono insieme.

In tutti i casi comunque il bambino comincerà prima a parlare e poi interiorizzerà in qualche modo questo linguaggio e piano piano lo trasformerà in dei veri e propri pensieri.

Quindi per Vygotskij l’interazione tra adulto e bambino da interpsichica e quindi da mente a mente diventa intrapsichica, cioè all’interno della stessa mente esattamente come il linguaggio che è uno strumento fondamentale del pensiero. 

Come vi dicevo, per Vygotskij linguaggio e pensiero inizialmente sono indipendenti tra di loro, poi si fonderanno e saranno l’uno alla base dell’altro. 

Si fondono insieme nei primi due anni di vita, cioè quando il bambino capisce che ogni oggetto ha un nome e si cominciano a usare le parole come simboli. Intorno ai tre anni di vita, secondo l’autore, il linguaggio interpersonale si divide in due grandi categorie: da una parte il linguaggio comunicativo che rimarrà quello con gli altri e dall’altra il linguaggio egocentrico che invece diventerà il linguaggio con sé stessi. 

Questo linguaggio egocentrico inizialmente è quello che utilizzerà il bambino parlando da solo ad alta voce ed avrà una funzione molto importante per Vygotskij perché aiuta il bambino a guidare il pensiero, ad affrontare i problemi e a pianificare le azioni. A 7/8 anni questo linguaggio egocentrico si trasforma e diventa un po’ il linguaggio interiore. Anche qui c’è una grande differenza tra Piaget e Vygotskij, in quanto se per Piaget il linguaggio egocentrico è un linguaggio che riflette l’incapacità del bambino di guardare il punto di vista esterno e che poi pian piano crescendo il bambino abbandonerà, per Vygotskij il linguaggio egocentrico è molto importante perché aiuta il bambino a pianificare le azioni, a risolvere i propri problemi e diventa il suo linguaggio interiore.

L’ultima differenza è che per Piaget il pensiero si sviluppa come abbiamo visto indipendentemente dal linguaggio o meglio il linguaggio è proprio una conseguenza del pensiero, mentre per Vygotskij il linguaggio da una spinta molto forte alla costruzione dei pensieri e a quei pensieri che da soli non potrebbero nascere se non proprio grazie al linguaggio interiorizzato.

Un’altra differenza sostanziale tra i due autori è sul metodo educativo, in quanto per Piaget bisogna seguire quelle che sono le spontanee attitudini del bambino e non imprimere accelerazioni sul suo sviluppo, mentre per Vygotskij vi è un’area di sviluppo potenziale che, se adeguatamente stimolata dall’adulto, faciliterà l’apprendimento e favorirà un apprendimento difficilmente raggiungibile in altri modi.

Quindi quest’area di sviluppo potenziale corrisponde un po’ a quelle che sono ancora le funzioni acerbe del bambino e che vanno adeguatamente stimolate e aiutate a sviluppare dall’adulto, da distinguere assolutamente dall’area di sviluppo attuale, che invece è quell’insieme di capacità cognitive che ha sviluppato il bambino fino a quel momento. 

Lo sviluppo umano per Vygotskij si configura come prodotto storico sociale, quindi un adulto che aiuta a costruire una piattaforma sulla quale il bambino possa salire e aggiungere poi tutte le sue personali caratteristiche. Per designare questa attività di mediazione dell’adulto, molto importante per il ragazzo, Bruner, prendendo spunto dalla zona di sviluppo prossimale di Vygotskij usa il termine di impalcatura, in inglese “scaffolding”, che è proprio quella base sulla quale il bambino potrà poi mettere tutto il suo bagaglio personale e conoscitivo.

Quindi, secondo Vygotskij, tutte le relazioni sociali sono fondamentali per lo sviluppo del bambino, quindi anche se il bambino si viene a trovare per esempio con un adulto che non ha un’intenzione attiva di insegnargli per forza qualcosa, questa interazione sociale aiuterà comunque il bambino a sviluppare le sue capacità e la sua attività mentale. 

Secondo l’autore un altro punto fondamentale è quello di agire preventivamente, cioè già in età prescolare; quindi bisogna aiutare il bambino a sviluppare queste capacità, già prima che intervenga l’istituzione, tramite la scuola, perché il bambino è già predisposto a questo. Quindi si può intervenire, ad esempio attraverso il gioco che diventa la base fondamentale sulla quale costruire anche un piano educativo, per aiutarlo a sviluppare le sue capacità.